Vetusta è la Memoria racchiusa nel dimenticatoio della recente Storia.
=100 foto di un tempo vissuto e passato=
Raccolta foto di Giuseppe Pinna de Marrubiu
Dunque, apro la visione di questo BLOG ai tanti che sul filo dei miei RICORDI (personali e non) avranno piacere di quanto andrò a postare per il piacere della MENTE e degli OCCHI, iniziando proprio dalle ORIGINI del mio essere, dalla mia "vecchia culla" (su barzolu) e il "cavallo a dondolo" (su cuaddu 'e linna)... tutto rigorosamente in legno di castagno dei boschi di Sardinia!
1 Su barzolu e su cuaddu 'e linna.
1 Su barzolu e su cuaddu 'e linna.
2 Marrubiu - Una vecchia foto-cartolina (piazza della stazione FS) risalente a circa 50 anni fa.
6 Prima il carro in legno a due ruote, poi a quattro ruote sempre a traino buoi.
3 Foto recuperata da Giuseppe Pinna de Marrubiu - Antico carro a due ruote a traino di buoi rimessato in un cortile di classica casa campidanese in ladiri.
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5 Torno indietro di colpo a 50 anni fa, a quando aiutavo mio padre nei campi!!!
6 Prima il carro in legno a due ruote, poi a quattro ruote sempre a traino buoi.
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8 L’animale viene aggiogato a questo aratro tutto in legno per mezzo della scocca, consistente in due stanghe di legno (qui nella foto rifatte in ferro) assemblate e collegate da una parte al pettorale e dall'altra al timone (piertica).
9 Prima il telegrafo, poi il telefono e la radio, ed infine la televisione: sono questi i mezzi di comunicazione che hanno più rivoluzionato la nostra quotidianità nell’ultimo secolo e mezzo!
Morse inventò il primo telegrafo, nel 1836 e il telefono fu solo un miglioramento di esso, al quale venivano aggiunte delle comunicazioni vocali.
Morse inventò il primo telegrafo, nel 1836 e il telefono fu solo un miglioramento di esso, al quale venivano aggiunte delle comunicazioni vocali.
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12 In soli circa 150 anni, siamo arrivati da un mondo nel quale ci si impiegavano settimane per scoprire cosa accadeva dall’altra parte del globo, ad uno dove si può seguire un evento in diretta in qualsiasi Paese al mondo!
12 In soli circa 150 anni, siamo arrivati da un mondo nel quale ci si impiegavano settimane per scoprire cosa accadeva dall’altra parte del globo, ad uno dove si può seguire un evento in diretta in qualsiasi Paese al mondo!
13 Ormai son quasi introvabili nelle città poiché "obsoleto", ma il tecnologico "il nuovo" dov'è?
Figuratevi nei paesi dove non fu mai stato posizionato: SCONOSCIUTO!!!
Figuratevi nei paesi dove non fu mai stato posizionato: SCONOSCIUTO!!!
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16 Il progresso è espresso ma... quanti se lo ricordano, quanti lo hanno usato, quanti non hanno vissuto quel periodo???
17 Il primo computer Olidata e il telefono a disco anni '60/70...
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24 Ecco il mio primo cellulare ancor oggi perfettamente funzionante, che mi ha salvato la vita e che usavo quando andavo in campagna, a pescare, per funghi, asparagi, bieta selvatica e cicoria...
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27 Quando l'ingegno era generatore di acume ... ecco la radio fatta in casa con la cassetta delle patate...
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29 Radio economica" in bachelite.
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33 La vecchia radio di zia Peppina...
34 Radio transistor-mangiacassette stereo 7...
35 Chi di voi ricorda le prime televisioni in B/N? Ricordo che vivevo a Cusago (Mi) nella Cascina Acquanegra dove mio padre era il "capostalla", che frequentavo la prima elementare e che ero tra i pochissimi a vedere "Giamburasca, Giovanna la nonna del corsaro nero, Rin tin tin e..."; il pagamento avvenne con cambiali da mille lire al mese per un costo complessivo di Lire 12.000.
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38 La TV si poteva vederla solo al bar del paese... Quanti di voi ricordano, lo hanno vissuto???
39 Debbo riconoscere che fu un programma semplice e intelligente, alle 17,00 tutti in rigoroso silenzio nanzi alla TV, tra l'altro vi ho imparato a giocare a scacchi, cosa che ho poi insegnato ai miei figli, ora di programmi simili non ne esistono più!!!
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42 Ecco il caro e vecchio MIVAR B/N portatile 17 pollici a transistor, ancora perfettamente funzionante!!!
43 Rovistando in soffitta, tra la polvere dei ricordi...
44 Tracce di un recente passato - anni 2000.
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46 Prime incisioni musicali di voce.
47 Marrubiu - stazione FS, Primavera del 2015.
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50 Secondo molti, fu Thomas Alva Edison ad aver inventato la prima lampadina, ma secondo alcuni studi pare che progetti simili fossero stati già presentati da altri inventori come Alessandro Cruto, Henry Woodward, Mathew Evans, James Bowman Lindsay, Joseph Swan, William Sawyer e Heinrich Göbel.
La lampadina, però, è senza dubbio un’invenzione di cui tutti noi oggi più non potremmo fare a meno!
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52 Eduardo De Filippo.
53 I fantasmi non esistono. I fantasmi siamo noi, ridotti così dalla società che ci vuole ambigui, ci vuole lacerati, insieme bugiardi e sinceri, generosi e vili; ...Eduardo De Filippo.
54 BJ Thomas Raindrops continuano a cadere sulla mia testa LP ancora sigillati dal 1970 e non sono mai stati aperti. Stereo-Monic da Sceptor Records. Dal film Butch Cassidy e Sundance Kid.
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57 Quante volte............. e quanti giri. Storie da prima Repubblica.
58 Road to Russia 2018: quante insidie.
59 Quante nocche e ginocchia spelacchiate!!!
60 GIOCHI d'INFANZIA - *Foto: Robert Doisneau - "Paris, 1936".
61 Ecco il monello è servito!!!
62 Chi si ricorda?
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64 8 Agosto 1956 - 237 minatori muoiono nel crollo della miniera di Marcinelle, in Belgio, 139 di loro erano immigrati italiani.
65 16 novembre del 1940. La Polonia è già occupata, i nazisti quel giorno isolano il Ghetto di Varsavia.
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67 SALVARE i FRAMMENTI - di I. Fasan, 1990 - Lettere dal carcere ... di un Grande Presidente della Repubblica Italiana.
68 Intelligenza, acume, applicazione, intuito sui tempi che cambiano... o che altro???
69 Funerali di Enrico Berlinguer...
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71 Altri giorni... altri tempi! Quando si mungeva a mano con secchio e sgabello.
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73 Chi si ricorda il vecchio barbiere?
74 Chi si ricorda le valigie di cartone... chi ha imboccato la via dell'emigrazione?
75 Indiani d'America.
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77 E noi italioti nel 2017, bocca aperta ad aspettare che le cose cambino.... già, ad aspettare...!!!
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79 Indiani d'America.
80 America Primi Novecento - Ultimi indiani liberi.
81 Indiani d'America... era un popolo libero e fiero.
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85 ...........Tributo di immagini alla Storia............
I LAGER DEI SAVOIA
L'insegnante e ricercatore Fulvio Izzo, ha firmato “I lager dei Savoia” dove, dopo aver messo insieme una documentazione imponente, ne descrive «la storia "infame" del Risorgimento - e i campi di concentramento per i soldati Borbonici» (tutti quei militari che non vollero finire il - servizio militare obbliga torio nell'esercito sabaudo - e quelli che si dichiararono ancora apertamente fedeli al Re Francesco II), nei forti del Nord.
Il fatto che nella storiografia ufficiale si parli poco o troppo, del brigantaggio, per parte presa e non si sia mai accennato alle “deportazioni e alle sofferen ze dei prigionieri meridionali”, dei quali molti deceduti nei campi di Fenestrel le e San Maurizio in Piemonte, non è comprensibile e soprattutto non è giusti ficabile.
Il forte di Fenestrelle, iniziato nel 1727 e terminato completamente nel 1854 si sviluppa per oltre 3 km. di lunghezza su 650 mt. di dislivello.
1.300.000 metri quadri di superficie con 1.700 uomini di presidio.
Una scalinata coperta di oltre 4.000 gradini collega la piazza principale del forte San Carlo con il forte delle Valli attraverso fortini ridotte e batterie.
In quasi tre secoli di vita, questa maestosa macchina da guerra non ha mai sparato un solo colpo.
I detenuti meridionali tentarono anche di organizzare una rivolta, il 22 agosto del 1861, per impadronirsi della fortezza, ma fu scoperta ed il tentativo ebbe come risultato l'inasprimento delle pene.
"... Si arrestano da Cialdini soldati napoletani in grande quantità, si stipano ne' bastimenti peggio che non si farebbe degli animali, e poi si mandano in Genova.
Trovandomi testé in quella città ho dovuto assistere ad uno di que' spettacoli che lacerano l'anima.
Ho visto giungere bastimenti carichi di quegli infelici, affamati, piangenti e laceri; che sbarcati vennero distesi sulla pubblica strada come cosa o fiera da mercato.
Alcune centinaia ne furono mandati e chiusi nelle carceri di Fenestrelle: un ottomila di questi antichi soldati Napoletani vennero concentrati nel campo di S. Maurizio".
... Recenti ricerche sottolineano le pessime condizioni in cui nel 1861 furono «ospitati» a Fenestrelle i soldati di Francesco II: laceri e poco nutriti era del tutto usuale vederli appoggiati a ridosso dei muraglioni, nel tentativo dispera to di catturare i timidi raggi solari invernali, ricordando forse con nostalgia il caldo di altri climi mediterranei.
La fortezza di Fenestrelle non ebbe altri reclusi se non militari: ufficiali e trup pa condannati agli arresti di fortezza e particolari reparti di disciplina, il più noto dei quali è l'VIII, al quale furono aggregati i commilitoni del caporale Pietro Barsanti, l'organizzatore della fallita rivolta militare di Pavia, nel marzo del 1870.
Uno di questi fu Augusto Franzoi che cadde accidentalmente dalle mura nel tentativo di evadere in una notte del novembre 1870.
Il ferito fu poi abbandonato dai compagni e tosto nuovamente imprigionato.
Durante la grande guerra vennero concentrati a Fenestrelle anche prigionieri austroungarici e italiani condannati dal tribunale di guerra.
Tra questi, nel 1916, anche il generale Giulio Douhet ex bersagliere: reo di essersi contrapposto alle strategie ante Caporetto di Cadorna.
Appunto storico ripreso da... Giuseppe Pinna de Marrubiu Accademico Arborense ...che negli ultimi trentacinque anni non ha mai voluto finire nel lager degli intellettuali - morti vivi -.
Tratto da: I lager dei Savoia, di Fulvio Izzo, Ed. Controcorrente 1999
...........Tributo di immagini alla Storia............
86 Qualcuno lo riconosce, se lo ricorda?
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88 Carissimi che mi seguite, oggi vorrei porvi a conoscenza di un qualcosa che per ai più degli italiani è ancor sconosciuta: - DUNQUE SONO DELL'AVVISO CHE I GENOCIDI VADANO RICORDATI TUTTI, POICHE' LA - MEMORIA DEL RICORDO PER NON DIMENTICARE ...DI DIMENTICARE - I MIGLIAIA DI CRIMINI CONTRO LE PERSONE NON SONO SOLO QUELLI DELLA "MEMORIA EBRAICA".
........Scorcio di storia vista da un'altra parte (per cercare di capire)..........
Dopo "l'invenzione" del famoso "contrassegno per marchiare gli Ebrei con un panno sulla spalla" - ad opera di un grande di nome e di fatto precursore dello "antisemitismo" hitleriano - (vedi AMEDEO VIII DI SAVOIA); ancor c'è chi ignora tutto ciò e festeggia il 150° anniversario dell'Unità d'Italia...
come se fosse la maggior ricorrenza della saga nefanda di questo paese.
...........DIFATTI, TUTTI I NOSTRI MORTI MERITANO RISPETTO!.............
Questa è la storia di Fenestrelle (primo lager europeo), questa è una storia che i nostri colonizzatori hanno voluto cancellare, nascondere, dimenticare...
ma NOI NON DIMENTICHIAMO, NON POSSIAMO E NON VOGLIAMO!
Quanti furono veramente i prigionieri di guerra borbonici e papalini che tra il 1860 e il 1865 morirono al forte San Carlo di Fenestrelle, dopo il crollo del Regno delle "Due Sicilie" e la proclamazione del Regno d’Italia? Cinquemiladuecentododici condanne a morte, 6564 arresti, 54 paesi rasi al suolo, 1 milione di morti. Queste le cifre reali della repressione consumata all'indomani dell'Unità d'Italia dai Savoia.
Per chi non sapesse, questa fu la "prima vera pulizia etnica" della modernità occidentale operata sulle popolazioni meridionali dettata dalla Legge Pica, promulgata dal governo Minghetti del 15 agosto 1863 "… per la repressione del brigantaggio nel Meridione".
Questa legge istituiva, sotto l'egida savoiarda, tribunali di guerra per il Sud ed i soldati ebbero assoluta carta bianca, le fucilazioni, anche di vecchi, donne e bambini, divennero cosa ordinaria e non straordinaria. Un genocidio la cui portata è mitigata solo dalla fuga e dall'emigrazione forzata, nell'inesorabile comandamento di destino: "O briganti, o emigranti".
Lemkin, che ha definito per primo il primo concetto di genocidio, sosteneva: "… genocidio non significa necessariamente la distruzione immediata di una nazione….. esso intende designare un piano coordinato di differenti azioni miranti a distruggere i fondamenti essenziali della vita dei gruppi nazionali. Obiettivi di un piano siffatto sarebbero la disintegrazione delle istituzioni politiche e sociali, della cultura, della lingua, dei sentimenti nazionali, della religione e della vita economica dei gruppi nazionali e la distruzione della sicurezza personale, della libertà, della salute, della dignità e persino delle vite degli individui… non a causa delle loro qualità individuali, ma in quanto membri del gruppo nazionale".
Deportazioni, l'incubo della reclusione, persecuzione della Chiesa cattolica, profanazioni dei templi, fucilazioni di massa, stupri, perfino bambine (figlie di "briganti") costretti ai ferri carcerari con non si sa bene quali imputazioni.
Una pagina non ancora scritta è quella relativa alle carceri in cui furono poi rinchiusi i soldati "vinti".
Il Governo piemontese dovette affrontare il problema dei prigionieri, 1700 ufficiali dell'esercito borbonico (su un giornale satirico dell'epoca vi era stata rappresentata la caricatura dell'esercito borbonico: il soldato con la testa di leone, l'ufficiale con la testa d'asino, il generale senza testa) e 24.000 soldati, senza contare quelli che ancora resistevano nelle fortezze di Gaeta, Messina e Civitella del Tronto.
Ma il problema fu risolto con la boria del vincitore, non con la pietas che sarebbe stata più utile, forse necessaria.
Di certo un primo tentativo di risolvere il problema ci fu con il decreto del 20 dicembre 1860, anche se le prime deportazioni di soldati duo siciliani fatti prigionieri incominciarono già verso ottobre del 1860, in quanto la resistenza duosiciliana era iniziata con episodi isolati e non coordinati nell'agosto del 1860 dopo lo sbarco dei garibaldini e ciò dalla stampa fu presentata come espressione di criminalità comune.
Il decreto chiamava alle armi gli uomini che sarebbero stati di leva negli anni dal 1857 al 1860 nell'esercito delle Due Sicilie, ma si rivelò un fallimento. Si presentarono solo 20.000 uomini sui previsti 72.000; gli altri si diedero alla macchia e furono chiamati "briganti".
Così (nel '43, dopo l'8 settembre, accadde quasi la stessa cosa, ma dato che poi vinsero (gli anglo-americani) la lotta la chiamarono di "resistenza" e gli uomini "partigiani". Ndr.)
A migliaia questi uomini furono concentrati nei depositi di Napoli o nelle sue carceri, poi trasferiti con il decreto del 20 gennaio 1861 che istituì "Depositi d'uffiziali d'ogni arma dello sciolto esercito delle Due Sicilie".
Il generale La Marmora ordinò ai procuratori di "non porre in libertà nessuno dei detenuti senza l'assenso dell'esercito". Così per la maggior parte furono poi stipati nelle navi peggio degli animali (anche se molti percorsero a piedi l'intero tragitto) e fatti sbarcare a Genova, da dove, attraversando laceri ed affamati la via Assarotti, venivano smistati in vari campi di concentramento istituiti a Fenestrelle, a S. Maurizio Canavese, ad Alessandria, nel forte di S. Benigno in Genova, a Milano, a Bergamo, in quel Forte di Priamar presso Savona, a Parma, a Modena, a Bologna, in Ascoli Piceno ed altre località del Nord. Sappiamo che nel Forte di Priamar vi fu relegato l'aiutante maggiore Giuseppe Santomartino, che difendeva la fortezza di Civitella del Tronto. Alla caduta del baluardo abruzzese, Santomartino fu processato dai (vincitori) piemontesi e condannato a morte; ma in seguito alle pressioni dei francesi la condanna fu commutata in 24 anni di carcere da scontare nel forte presso Savona, ove, poco dopo il suo arrivo, una notte, fu trovato morto, lasciando moglie e cinque figli. Si disse che aveva tentato di fuggire. Un chiarissimo esempio di morte sospetta su cui non fu mai aperta un'inchiesta atta ad accertare le vere cause del decesso.
In quei luoghi, veri e propri lager, istituiti per un trattamento di "correzione ed idoneità al servizio", i prigionieri, appena coperti da cenci di tela, potevano mangiare una sozza brodaglia con un pò di pane nero raffermo, subendo dei trattamenti veramente bestiali, ogni tipo di nefandezze fisiche e morali. Per oltre dieci anni, tutti quelli che venivano catturati (furono oltre 40.000), vennero fatti deliberatamente morire a migliaia per fame, stenti, malattie e maltrattamenti.
Quelli deportati a Fenestrelle, nella fortezza situata a quasi duemila metri di altezza, sulle montagne piemontesi alla sinistra del Chisone, furono ufficiali, sottufficiali e soldati (di fatto tutti quei militari borbonici che non vollero finire il servizio militare obbligatorio nell'esercito sabaudo, oltre a tutti quelli che si dichiararono apertamente fedeli al Re Francesco II e a quelli che giurarono aperta resistenza ai piemontesi) subirono il trattamento più feroce. Fenestrelle (come ben si nota nella foto di apertura) più che un forte, era un insieme di forti, protetti da altissimi bastioni ed uniti da una scala, scavata nella roccia, di 4000 gradini.
Era una ciclopica cortina bastionata cui la naturale asperità dei luoghi ed il rigore del clima conferivano un aspetto sinistro.
Faceva tanto spavento come la già famosa relegazione nella lontana Siberia.
I detenuti tentarono anche di organizzare una rivolta il 22 agosto del 1861 per impadronirsi della fortezza, ma fu scoperta in tempo ed il tentativo ebbe come risultato l'inasprimento delle pene con i più esagitati costretti con palle al piede da 16 chili, ceppi e catene.
Erano stati stretti insieme assassini, sacerdoti, giovanetti, miseri popolani, vecchi e uomini di cultura.
Senza pagliericci, senza coperte, senza luce.
Un carcerato venne ucciso da una sentinella solo perché aveva proferito ingiurie contro i Savoia. Vennero perfino smontati tutti i vetri e gli infissi per rieducare con il freddo i segregati.
Laceri e poco nutriti era usuale vederli appoggiati a ridosso dei muraglioni, nel tentativo disperato di catturare i timidi raggi solari invernali, ricordando forse con nostalgia il caldo di altri climi mediterranei. Spesso quelle persone imprigionate non sapevano nemmeno di cosa fossero accusati ed erano loro sequestrati tutti i beni. Così sempre più spesso la ragione per cui erano stati catturati era proprio solo per rubare loro il danaro che possedevano.
Molti non erano nemmeno registrati, sicché solo dopo molti anni venivano processati e condannati senza alcuna spiegazione logica.
Pochissimi riuscirono a sopravvivere: la vita in quelle condizioni, anche per via delle gelide temperature che dovevano sopportare senza alcun adeguato riparo, non superava i tre mesi.
E proprio a Fenestrelle furono vilmente imprigionati la maggior parte di quei valorosi soldati che, in esecuzione degli accordi intervenuti dopo la "resa di Gaeta", dovevano invece essere lasciati liberi alla fine delle ostilità.
Parliamo di soldati che dopo sei mesi di eroica resistenza dovettero subire un trattamento infame che incominciò subito dopo essere stati disarmati, che venendo derubati di tutto e vigliaccamente insultati dalle truppe piemontesi. La loro liberazione avveniva solo con la morte ed i corpi (non erano ancora in uso i forni crematori) venivano poi disciolti nella calce viva collocata in una apposita grande vasca situata nel retro della chiesa che sorgeva all'ingresso del Forte. Una morte senza onore, senza tombe, senza lapidi e senza alcun ricordo, affinché non restassero tracce dei misfatti compiuti.
Ancora oggi, entrando a Fenestrelle, su di un muro è ancora ben visibile l'iscrizione: "Ognuno vale non in quanto è ma in quanto produce" e, (ricorda molto la scritta dei lager nazisti).
Non era più gradevole il - campo - impiantato nelle "lande di San Martino" presso Torino per la "rieducazione" dei militari sbandati, rieducazione che procedeva con metodi di inaudita crudeltà.
Così, in questi luoghi terribili, i fratelli "liberati", maceri, cenciosi, affamati e affaticati, venivano rieducati e tormentati dai fratelli "liberatori".
Altre migliaia di "liberati" venivano confinati nelle isole, a Gorgonia, Capraia, al Giglio, all'Elba, a Ponza, in Sardegna e nella Maremma malarica.
Tutte le atrocità che si susseguirono per anni sono ampiamente documentate negli Atti Parlamentari, oltre che nelle relazioni delle Commissioni d'Inchiesta sul Brigantaggio, nei vari carteggi parlamentari dell'epoca e negli Archivi di Stato dei capoluoghi dove si svolsero i fatti.
Francesco Proto Carafa, duca di Maddaloni, sosteneva in Parlamento: "Ma che dico a fare di un governo che strappa dal seno delle famiglie tanti vecchi generali, tanti onorati ufficiali solo per il sospetto che nutrissero amore per il loro Re sventurato, e rilegagli a vivere nelle fortezze di Alessandria ed in altre inospitali terre del Piemonte…Sono essi trattati peggio che i galeotti.
Perché il governo piemontese abbia a spiegar loro tanto lusso di crudeltà? Perché vi abbia a torturare con la fame e con l'inerzia e la prigione uomini nati in Italia come noi?".
Ma della mozione presentata non fu autorizzata la pubblicazione negli Atti Parlamentari, vietandosene così la discussione in aula.
Il generale Enrico Della Rocca, che condusse l'assedio di Gaeta, nella sua autobiografia riporta una lettera alla moglie, in cui dice: "Partiranno, soldati ed ufficiali, per Napoli e Torino...", precisando poi, a proposito della resa di Capua, "...le truppe furono avviate a piedi a Napoli per essere trasportate in uno dei porti di S. M. il Re di Sardegna.
Erano 11.500 uomini".
Alfredo Comandini, fu deputato mazziniano dell'età giolittiana, che compilò il testo "L'Italia nei Cento Anni (1801-1900) del secolo XIX giorno per giorno illustrata", come riporta un'incisione del 1861, ripresa da "Mondo Illustrato" di quell'anno, raffigurante dei soldati borbonici detenuti nel campo di concentra mento di S. Maurizio, una località sita a 25 chilometri da Torino.
Egli annota che, nel settembre del 1861, quando il campo di S. Maurizio fu visitato dai ministri Bastogi e Ricasoli, erano detenuti 3.000 soldati delle "Due Sicilie" e nel mese successivo erano arrivati a 12.447 uomini.
Il 18 ottobre 1861 alcuni prigionieri militari e civili capitolati a Gaeta e ristretti prigionieri a Ponza, scrissero a Biagio Cognetti, il noto direttore di "Stampa Meridionale", per denunciare lo stato di detenzione in cui versavano, nella palese violazione della Capitolazione, che prevedeva il ritorno alle famiglie dei prigionieri dopo 15 giorni dalla caduta di Messina e Civitella del Tronto ed erano già trascorsi 8 mesi.
Il 19 novembre 1860 il generale Manfredo Fanti inviava un dispaccio urgente al Conte di Cavour chiedendo di noleggiare all'estero dei vapori per potervi trasportare a Genova 40.000 prigionieri di guerra.
Cavour così scriveva nel merito al luogotenente Farini due giorni dopo: "Ho pregato La Marmora di visitare lui stesso i prigionieri napoletani che sono a Milano (Fonte: lettera di Cavour a Farini, luogotenente a Napoli, datata 21 novembre 1860, n. 2551 vol. III), ammettendo in tal modo, l'esistenza di un altro campo di prigionia situato nel capoluogo lombardo per ospitare soldati napoletani. Questa la risposta del La Marmora: "…non ti devo di certo lasciar ignorare che i prigionieri napoletani dimostrano un pessimo spirito. Su 1600 che si trovano a Milano non arriveranno a 100 quelli che acconsentono a prendere servizio. Sono tutti coperti di rogna e di verminia… e, quel che è più dimostrano avversione a prendere da noi servizio.
Jeri a taluni che con arroganza pretendevano aver il diritto di andare a casa perché non volevano prestare un nuovo giuramento, avendo giurato fedeltà a Francesco Secondo, rinfacciai altamente che per il loro Re erano scappati, e ora per la Patria comune e per il Re eletto si rifiutavano al suo servire, che erano un branco di car…che avessimo trovato modo di metterli alla ragione". Le atrocità commesse dai piemontesi si volsero anche contro i magistrati, i dipendenti pubblici e le classi colte, che resistettero loro passivamente con l'astensione ai suffragi elettorali e la diffusione ad ogni livello di certa stampa legittimista clandestina contro l'occupazione savoiarda.
Particolarmente eloquente è anche un brano tratto da Civiltà Cattolica: "Per vincere la resistenza dei prigionieri di guerra, già trasportati in Piemonte e Lombardia, si ebbe ricorso ad un espediente crudele e disumano, che ci fa fremere. Quei meschinelli, appena coperti da cenci di tela, rifiniti dalla fame perché tenuti a mezza razione con cattivo pane e acqua e una sozza broda, furono fatti scortare nelle gelide casematte di Fenestrelle e d'altri luoghi posti nei più aspri luoghi delle Alpi.
Uomini nati e cresciuti in un clima sì caldo e dolce, come quello delle "Due Sicilie", eccoli gittati, peggio che non si fa coi negri schiavi, a spasimare di fame e di stento per le ghiacciaie".
Ancora possiamo leggere dal diario del soldato borbonico Giuseppe Conforti nato a Catanzaro il 14.03.1836 (abbreviato per amor di sintesi): "Nella mia uscita fu principio la guerra del 1860, dopo questa campagna che per aver tradimenti si sono perduto tutto e noi altri povere soldati manggiando erba dovettimo fuggire, venendo aggiunti alla provincia della Basilicata sortí un prete nemico di Dio e del mondo con una porzione di quei giudei e ci voleva condicendo che meritavamo di essere uccisi per la federtà che avevamo poi portato allo notro patrone.
Ci hanno portato innanzi a un carnefice piemontesa condicendo perché ci aveva tardato tanto ad abbandonare quell'assassino di Borbone.
Io li sono risposto che non poteva giammai abbandonarlo perché ci si aveva giurato fedeltà a lui e lui mi à ditto che dovevo tornare indietro per asservire sotto la Bandiera d' Italia.
Il terzo giorno sono scappato, giunto a Girifarchio dove si teneva mio fratello sacerdote vedendomi redutto a quello misero stato e dicendo mal del mio Re io li risposi che il mio Re no aveva colpa del nostri patimenti che sono stato le nostri soperiori traditori; siamo fatto questioni e lo sono lasciato".
"Allo mio paese sono stato arrestato e dopo 7 mesi di scurre priggione mi anno fatto partire per il Piemonte. Il 15 gennaio del 1862 ci anno poi portato affare il giuramento, in quello stesso anno sono stato 3 volte all'ospidale e in pregiona a pane e accua. In principio del 1863 suno fuggito da sotto le armi di vittorio, il 24 sono giunto in Roma, il giorno 30 sono andato alludienza del mio desiderato e amato dal Re' Francesco 2 e li ò raccontato tutti i miei ragioni" a Vittorio Emanuele II, il re vittorioso... ...e Francesco II, il re vinto, nella fortezza di Gaeta.
Un ulteriore passo avanti nella studio di questa fase poco "chiara" ...del post unificazione è stato fatto recentemente, quando un noto ricercatore trovò dei documenti presso l'Archivio Storico del Ministero degli Esteri attestanti che nel 1869, il governo italiano voleva acquistare un'isola dall'Argentina per poi relegarvi i soldati napoletani prigionieri, quindi dovevano essere ancora tanti. Questi uomini del Sud finirono i loro giorni in terra straniera ed ostile, quasi certamente con il commosso ricordo e la struggente nostalgia della di essi Patria lontana. Molti di loro erano poco più che ragazzi.
...Era la politica della criminalizzazione del dissenso, il rifiuto categorico di ammettere l'esistenza di valori diversi dai propri, il rifiuto disacrato di negare ai "liberati" di credere ancora nei valori in cui avevano creduto.
I combattenti delle "Due Sicilie", i soldati dell'ex esercito borbonico ed i tanti civili detenuti nei "lager dei Savoia", uomini in gran parte anonimi per la già pallida memoria che ne è giunta fino a noi, vissero un eroismo fatto di gesti concreti, ed in molti casi ordinari, a cui non è estraneo chiunque sia capace di adempiere fedelmente il proprio compito fino in fondo, sapendo opporsi ai tentativi sovvertitori, con la libertà interiore di chi non si lascia asservire dallo "spirito del tempo".
Appunto storico ripreso da... Giuseppe Pinna de Marrubiu Accademico Arborense ...che negli ultimi trentacinque anni non ha mai voluto finire nel lager degli intellettuali - morti vivi -.
...........Tributo di immagini alla Storia............
89 Oltre ai misfatti perpetrati dai Savoia e al loro lager delle Fenestrelle, agli odierni e futuri italiani ed europei, voglio dire che la "Storia", quella certa, bisogna anche “ricordarla per non dimenticare di dimenticare”... altri fatti raccapriccianti accaduti e patiti (questa volta dai genovesi e sulla Genova stessa), da parte dei BERSAGLIERI, si proprio loro, di quei militari soldati di truppa che eseguivano gli ordini… di Alfonso La Marmora.
90 FUGA... da MILANO!!! 1958.
91 Il caro vecchio urinale... chi lo ricorda, quanti di voi lo hanno usato?
92 Il ponte di Porta Cartara e il vecchio acquedotto Romano prima dei bombardamenti dell'ultima guerra.
93 Foto di Giuseppe Pinna de Marrubiu, tratta da: Aboriginal and Tribal Nation.
94 Il Comandante Partigiano - Gemisto - Francesco Moranino, deputato e senatore comunista.
95 Il Principe dei Gigli, Knosso (Creta).
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97 Frontale parziale della Fiat 500 bianchina-berlina.
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=100 foto di un tempo vissuto e passato=
E... non finisce qui
Pubblicato su Blogger oggi 22 novembre 2017 alle ore 21,30 da: Giuseppe Pinna de Marrubiu
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